Descrizione
Socrate fu condannato a morte nel 399 a.C., perché empio e corruttore di giovani, in realtà per motivi politici, da un tribunale composto da cinquecento giurati estratti a sorte su una lista di seimila cittadini ateniesi. La morte fu votata con una maggioranza (280 contro 220) assai più ristretta di quanto lasciassero prevedere gli umori antisocratici della città; e Socrate non volle mutare la pena, pur potendolo, con l'esilio, per non sottrarsi all'imperio delle leggi della sua città, e per lasciare agli ateniesi un segno durevole dell'opera sua. Il celeberrimo resoconto del processo di Socrate, che ne fece il giovane Platone, è stato interpretato e riletto nei modi più diversi. Da questa versione dell'Apologia Luciano Canfora estrae una domanda, che è certamente la domanda di Socrate: la maggioranza può tutto? Che vita attende una democrazia che non sia anche educazione permanente alla democrazia?“Perché oggi Socrate non è popolare fuori della cerchia delle persone di lettere:, o lo è meno di altri grandi dell’antichità, che pur non ebbero la sua efficacia morale? Egli che si dilettava della conversazione degli umili?
Questa domanda mi rivolgeva molti anni fa un diletto amico, interrompendo la lettura del Convito di Platone. Non è qui il luogo di riferire il ragionamento che ne seguì. Basta dire che la presente traduzione di una delle più accessibili scritture platoniche, si è benemerita della diffusione della cultura in Italia, è tardivo adempimento della promessa che in quell’occasione feci all’amico; basta dire che nel volgere in italiano la elegante prosa del grande filosofo ateniese, pur attenendomi fedelmente al testo, ho preferita la forma più semplice, e che le note e le brevi notizie preliminari non sono dirette ai dotti, ma a chi a poca domestichezza con gli studi classici.”
(Angelo De Fabrizio)
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