Descrizione
Cari lettori, stiamo entrando insieme nei palazzi delle Tre Sapienze: di Oriente, Medio Oriente ed Occidente.
Riconosciamo le Tre Colonne la cui luce si estende da un lato del mondo al suo opposto: Tantra ad oriente, Alchimia ad occidente, e Cabalà nel mezzo, a metà strada.
Compiamo in esse il nostro viaggio, intrecciando i loro squisiti insegnamenti. Meravigliamoci davanti alle loro novità e alle loro corrispondenze. Stiamo vivendo la Grande Iniziazione. Per superare al meglio questo passaggio, abbiamo bisogno dei più potenti strumenti di Sapienza disponibili sul pianeta.
Lo scopo di questo libro è di mostrare come nella Torà, la Bibbia Ebraica, ci siano le basi e le indicazioni in codice riguardanti la Magna Opera dell’alchimista, di che cosa si tratta e come effettuarla.
A volte le indicazioni sono dettagliate, indicanti perfino le dimensioni e materiali da utilizzare. È il caso di quando la Torà ci parla dell’arca di Noè, e poi dell’Arca del Tabernacolo, quella con i Cherubini sopra. Sono due esempi di vasi alchemici perfetti, operando nei quali l’adepto merita la vita e la nuova vita.
La Torà ci dà la radice basilare del lavoro da fare, l’atteggiamento richiesto, i concetti, le parole-suoni da pronunciare, il significato esoterico dei metalli, la potenza terapeutica delle erbe, l’interazione con gli animali, e infine l’opera con i sette fluidi.
Il concetto ebraico che esprime il lavoro dell’alchimista è il verbo letzaref, che vuol dire purificare. Lo Tzoref è l’orefice, colui che lavora e purifica i metalli. Parleremo per ora di alchimia fatta con metalli.
Sapete, nella Cabalà c’è l’idea basilare secondo la quale le lettere di una parola sono la formula segreta del concetto che sta dietro alla parola stessa. Tale posizione ha preceduto di secoli il modo di procedere della chimica, per la quale ogni sostanza è il composto di tutta una serie di elementi basilari, combinati in modo diverso, la cui sommatoria dona alla sostanza in questione le sue caratteristiche specifiche.
Ciò è molto diverso dallo studiare un concetto in modo filosofico, come succede nella filosofia greca o in altre culture, nelle quali i nomi sono convenzioni che servono unicamente per indicare e per definire le varie parti della realtà, ma non hanno nessuna o quasi relazione diretta con esse, e possono perciò cambiare da un luogo all’altro.
L’atteggiamento ebraico è diverso: “parola” si dice davar, che identifica anche il termine “cosa”. Ciò sottolinea come la parola abbia delle proprietà fisiche, come sia simile a un oggetto vero e proprio. In tal modo, osservando le lettere di una parola è possibile capire che cosa vi sia dentro.
Riconosciamo le Tre Colonne la cui luce si estende da un lato del mondo al suo opposto: Tantra ad oriente, Alchimia ad occidente, e Cabalà nel mezzo, a metà strada.
Compiamo in esse il nostro viaggio, intrecciando i loro squisiti insegnamenti. Meravigliamoci davanti alle loro novità e alle loro corrispondenze. Stiamo vivendo la Grande Iniziazione. Per superare al meglio questo passaggio, abbiamo bisogno dei più potenti strumenti di Sapienza disponibili sul pianeta.
Lo scopo di questo libro è di mostrare come nella Torà, la Bibbia Ebraica, ci siano le basi e le indicazioni in codice riguardanti la Magna Opera dell’alchimista, di che cosa si tratta e come effettuarla.
A volte le indicazioni sono dettagliate, indicanti perfino le dimensioni e materiali da utilizzare. È il caso di quando la Torà ci parla dell’arca di Noè, e poi dell’Arca del Tabernacolo, quella con i Cherubini sopra. Sono due esempi di vasi alchemici perfetti, operando nei quali l’adepto merita la vita e la nuova vita.
La Torà ci dà la radice basilare del lavoro da fare, l’atteggiamento richiesto, i concetti, le parole-suoni da pronunciare, il significato esoterico dei metalli, la potenza terapeutica delle erbe, l’interazione con gli animali, e infine l’opera con i sette fluidi.
Il concetto ebraico che esprime il lavoro dell’alchimista è il verbo letzaref, che vuol dire purificare. Lo Tzoref è l’orefice, colui che lavora e purifica i metalli. Parleremo per ora di alchimia fatta con metalli.
Sapete, nella Cabalà c’è l’idea basilare secondo la quale le lettere di una parola sono la formula segreta del concetto che sta dietro alla parola stessa. Tale posizione ha preceduto di secoli il modo di procedere della chimica, per la quale ogni sostanza è il composto di tutta una serie di elementi basilari, combinati in modo diverso, la cui sommatoria dona alla sostanza in questione le sue caratteristiche specifiche.
Ciò è molto diverso dallo studiare un concetto in modo filosofico, come succede nella filosofia greca o in altre culture, nelle quali i nomi sono convenzioni che servono unicamente per indicare e per definire le varie parti della realtà, ma non hanno nessuna o quasi relazione diretta con esse, e possono perciò cambiare da un luogo all’altro.
L’atteggiamento ebraico è diverso: “parola” si dice davar, che identifica anche il termine “cosa”. Ciò sottolinea come la parola abbia delle proprietà fisiche, come sia simile a un oggetto vero e proprio. In tal modo, osservando le lettere di una parola è possibile capire che cosa vi sia dentro.
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