Descrizione
Questo libro è uno studio serio, profondo e comparato dei più grandi testi sapienziali di tutte le tradizioni che ci descrivono, istante per istante, il viaggio dell'anima dopo la morte, una ricerca condotta meticolosamente da uno dei più brillanti tanatologi italiani.
La paura della morte fa parte del naturale istinto di sopravvivenza dell'uomo, ma l'Occidente non ha solo un comprensibile timore per un processo che non conosce: è ossessionato dal mito dell'eterna giovinezza, vede la morte come la fine della vita, e dunque la tratta come un argomento tabù.
Eppure i grandi libri sapienziali di tutte le tradizioni e i grandi saggi di ogni epoca dicono esattamente l'opposto, descrivendo una dimensione eterna della vita, che già esisteva ben prima della nascita e che non finirà con la nostra morte.
Cesare Boni ha confrontato i suoi studi con il professor Moody, la dottoressa Kübler-Ross e il dottor Melvin Morse ed i maggiori studiosi occidentali di questa fase dell'esistenza umana.
Dalla prefazione di Mario Mastropaolo:
"Il libro che vi accingete a leggere è un racconto attendibile e circostanziato del viaggio che attende l'anima, una volta lasciato il corpo, verso il compimento del suo destino: la fusione con la Luce. Intriso della tristezza del distacco, struggente per l'inevitabilità dell'evento e nello stesso tempo gioioso, aperto, fiducioso della realtà ultima dell'uomo.
Un viaggio.
Al quale, come viene suggerito da tutti quelli che hanno elaborato l'angoscia della morte prima di noi, è possibile affidarsi con umiltà purché la loro rappresentazione cosmologica, intuita ed espressa simbolicamente, non venga ridotta spregiativamente ad una configurazione delirante tipica dei "visionari".
Un viaggio al quale, secondo l'ammonimento esplicito dei Maestri che hanno battuto la strada prima di noi e sono diventati guide illuminate del percorso che ci separa dalla Totalità, è necessario prepararsi immediatamente, dopo aver preso coscienza della dimensione dualistica dell'esistere e di quella profonda nostalgia per l'unità perduta che viene continuamente espressa dal tentativo di confluire nell'indifferenziato senza aver raggiunto la piena consapevolezza della separazione e della disperazione che ne consegue."
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