Descrizione
Era il 1955, e in una piccola aula della sinagoga di Torino il giovane Guido Ceronetti, studioso principiante di ebraico biblico, si applicava, sotto la guida del rabbino, a «una stentata versione interlineare» del rotolo detto nella VulgataEcclesiaste: il quarto dei libri sapienziali dell’Antico Testamento, redatto da un ignoto autore del III secolo e da alcuni interpreti attribuito a Salomone stesso; e dal rabbino imparò a dirne i versetti, «le ripetizioni martellanti in specie, facendo smorfie di rabbia e di disgusto». Da allora, per quasi cinquant’anni – nel corso di quello che lui stesso definisce «un duello conradiano» –, Ceronetti ha continuato instancabilmente a confrontarsi con il «tumulto verbale» e la «disperata lucidità» di questo «libro assoluto», di questo grande «poema ebraico». Grazie a lui la parola più sconcertante della tradizione veterotestamentaria risuona nelle nostre orecchie in tutta la sua imperiosa, dolorosa violenza. «Fumo dei fumi, tutto non è che fumo»: così, per esempio, traduce Ceronetti lo Havèl havalìm, che è la risposta al tormentoso interrogarsi del Saggio sul senso delle cose terrene, quelle in cui vanamente l’uomo cerca sollievo perché al pari di lui si dileguano: risposta che «uccide tutte le brame» e «promulga spietatamente la legge del Nulla». Oltre all’ultima versione, terminata nel marzo 2001, questa nuova edizione ci offre la prima, che risale al 1970; fra le due, l’amplissimo ventaglio delle riflessioni che per tutti questi anni hanno accompagnato il lavoro della traduzione: pagine, come sempre, acuminate e illuminanti, in cui Ceronetti dialoga con i grandi traduttori ed esegeti di Qohélet – da san Girolamo a Michelstaedter.
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